la spettacolare tela raffigura uno dei momenti più drammatici dell’antico testamento: è infatti narrata nel Genesi 4, 1-8: caino, il primogenito di adamo ed eva e quindi primo uomo nato sulla terra, deluso dal fatto che dio non aveva apprezzato i suoi doni preferendo quelli di abele, uccide l’ignaro fratello, da considerarsi quindi la prima vittima della storia umana.
Giulio cesare Procaccini, uno dei leaders della pittura milanese nell’età di Federico borromeo, per questo soggetto forse prende spunto da un Ercole e Caco di Giambologna (questo potrebbe spiegare le torsioni neomanieriste dei corpi e le forti tensioni muscolari di michelangiolesca memoria), pur se lo declina attraverso forti contrasti luministici, tinte fosche (ad accentuare la drammaticità) e una teatralità ormai barocche.
Le figure, colte nel culmine del pathos dell’azione, con una forte rotazione si proiettano infatti dall’interno verso l’esterno della tela, coinvolgendo così emotivamente lo spettatore. interessante è la proposta di enrico Zanellati (2015) che nelle pose complesse delle figure ritiene si possa cogliere uno spunto dai trattati di ginnastica che iniziavano a diffondersi dalla seconda metà del cinquecento (il più noto era quello di Girolamo mercuriale, 1569).
Si tratta di un’opera della tarda maturità del pittore, paragonabile stilisticamente al Giacobbe e Rachele di Santa maria di canepanova a Pavia. dello stesso soggetto esiste una diversa redazione ascritta agli esordi di ercole Procaccini il Giovane, nipote di Giulio cesare, conservata presso il museo diocesano di milano.
08/03/2023